The Ancillotti Bros. Interview
 
 
 
 
· Quando avete iniziato a guidare moto e scooters e con cosa avete cominciato? 
A -  La mia prima moto è stata un motom di 48cc, con gli scooter avremo cominciato più o meno attorno al 1962. L’esperienza sui motori a due tempi ce la siamo fatta con i cart, era arrivata questa nuova moda dagli Stati Uniti appunto i go-cart ed avevamo cominciato a fare i telai per i cart recuperando i motori a due tempi che esistevano allora Devil, MV i Rumi, poi arrivò il Bultaco che era un motore molto evoluto per il tempo e ci facemmo così esperienza sui motori a due tempi.  Poi si cominciò a lavorare sulle Lambrette perché erano di gran moda, ci fu un momento in cui praticamente le moto erano andate completamente in disuso, lo scooter aveva preso il campo in maniera incredibile. Sono un po’ cicli che si ripetono, come è avvenuto anche di recente. La Lambretta poi perché ci sembrava un mezzo più evoluto 

· Vostro padre Gualtiero elaborava pure lui le Lambrette o era solo un vostro lavoro? 
A – No no c’era anche lui. Diciamo che se si parla della marmitta o delle elaborazioni era più un’idea mia, ma sfruttando le sue conoscenza meccaniche generali si ottenevano i risultati. Per fare un esempio quando dovevamo cambiare i rapporti lui si costruiva i pignoni da solo; era un meccanico che fin da giovane era stato abituato a rifare un motore rifacendo tutto a mano, partendo a rifondere la lega dalle bronzine, raschiettarle, rettificarle a mano, addirittura l’ho visto fare fare delle candele fatte con delle lamelle di mica tranciate perché allora non c’era ancora la ceramica, messe una sopra all’altra con l’elettrodo fatto al tornio, tutte cose che oggi sarebbero impensabili. 
P – Era proprio un’esigenza, perché in commercio tu non trovavi niente, se tu non avessi avuto abilità manuale dovevi fare un altro lavoro, perché saper tornire, fresare, saper dare di lima era una cosa indispensabile. 
A – Invece io proprio ero interessato dalla preparazione dei motori, vedi la marmitta ad espansione e tutta la questione delle elaborazioni. 

· Per quale motivo elaboravate Lambrette invece di Vespe? 
A - Le preferimmo quasi per una questione etica, ci sembrava che la Vespa praticamente fosse un po’ troppo in “bilico” per essere anche ulteriormente elaborata. La Lambretta invece ci dava molta più garanzia, un po’ per il cilindro in posizione centrale ed un po’ perché era costruita in maniera completamente diversa.  
P - Telaisticamente parlando il fatto che la Lambretta avesse un telaio a tubo ci dava molta più garanzia, mentre la scocca portante stampato della Vespa ci faceva pensare che fosse stata concepita per un uso più pacifico mentre la Lambretta era chiaramente più sportiva, cioè c’era la base per fare qualcosa….. 

· Avete mai avuto qualche coinvolgimento con la Innocenti stessa? 
No mai, assolutamente mai contattati, solo contatti con il Lambretta club Firenze. Non per scambi tecnici, il Lambretta Club era solo una questione di immagine. 

· Le Lambrette che elaboravate venivano usate solo per competizioni o anche per la strada? 
Solo per la strada, nel senso che l’uso che ne veniva fatto era prettamente stradale, esistevano anche competizioni ma le competizioni principali erano sulle strade di tutti i giorni. Devi considerare che allora il traffico era molto inferiore e noi si partiva sull’autostrada da dove allora finiva fino al raccordo di Firenze Nord. Praticamente partivamo da Peretola arrivavamo al raccordo e la gara si svolgeva durante il ritorno con il pubblico che ci aspettava all’arrivo.  

· Lambretta contro Vespa oppure… 
P – Non è vero che si facessero sfide Lambretta contro Vespa, è una falsa leggenda. Era sempre Lambretta contro Lambretta perché contro la Vespa sarebbe stata una cosa impari. C’è stato un periodo che sia noi che Gori facevamo la Lambretta, poi noi ci siamo dedicati alle moto e lui seguitò con la Vespa perché l’Innocenti chiuse. 
A – In tutta sincerità devo dire che contrariamente a quanto affermato sul sito di Gori, noi di sconfitte contro Lambrette preparate da lui non ne abbiamo mai avute, anzi penso che questa sia stata una delle ragioni che lo ha spinto verso la preparazione di Vespe, perché nel confronto con noi non c’era storia, le nostre erano troppo più evolute, per esempio utilizzavamo dei carburatori Dell’Orto SS mentre lui montava due carburatori standard accoppiati, una cosa molto discutibile ai fini del rendimento. 

· Siete mai stati coinvolti con le competizioni in scooter in Italia? 
A - Sì in un primo momento abbiamo partecipato a gare di regolarità con lo scooter, avevamo approntato degli scooter tagliando le bandine laterali, mio fratello ed io avevamo partecipato a qualche gara qui in zona Firenze. 

· In quali anni avete corso con gli scooter? 
A - Attorno al 1962 – 1963. E’ certamente passato un sacco di tempo, mi torna in mente però che mio fratello ha partecipato ad una Milano – Taranto lambrettistica ma non ricordo in quale anno. C’erano mio fratello, Pieroni ed Italo Musolino che poi condividerà con me le prove del record di Monza. 

· Come erano le gare in scooter all’epoca: erano solo in circuito o anche prove a lunga distanza? 
A – No niente circuiti solo prove di regolarità o lunga distanza 

· Quando è cominciata la rivalità con Gori? 
P – E’ iniziata già ai tempi dei go-cart, perché Gori si è cimentato anche con i go-cart ricordo bene con i cilindri Rumi. Ha corso anche nella categoria 200 con i bimotore,  ed era molto bravo, un ottimo pilota. Siamo venuti entrambi dai cart dove si affina moltissimo l’elaborazione dei motori a due tempi. 

IL KIT ANCILLOTTI 

· Quali erano le parti oggetto del kit che vendevate? 
P – Le parti del kit erano il cilindro, il pistone, il collettore di aspirazione, il carburatore, la testa che aveva uno squish diverso, il pignone, il tendicatena, la maglia di congiunzione… 
A – io mica me le ricordo tutti i particolari è passato un sacco di tempo……. 
P – nei tendicatena superiori saldavamo due triangolini per rinforzarlo perché succedeva che si rompevano e finivano sotto la campana della frizione causando il bloccaggio del motore. Poi facevamo anche le molle della frizione più dure e mi sembra di ricordare anche i dischi, fatti con materiale diverso, questo però solo negli ultimi kit. Poi c’era la sella bassa e la marmitta ad espansione. La sella bassa era molto bassa ed imbullonata al telaio con il foro centrale per la benzina. In un primo momento le facevamo in proprio e le facevamo rivestire da un artigiano fiorentino, in seguito quando la produzione lo richiese, le facemmo produrre dalla Giuliari, che ne fece poi un modello proprio che mentre il nostro era imbullonato il loro si alzava anteriormente per l’accesso al serbatoio. Ricordo che le prime selle erano fatte tutte da mio padre a mano… 
A – Ah sìsìsì ora ricordo lo scafo lo faceva mio babbo poi lo facevamo rivestire da un tappezziere. 
P – Avevamo preso l’ispirazione dalle selle dei Norton, con il codino rialzato per trovare l’appoggio in posizione del pilota abbassata. 

· Quali erano le prestazioni che ci si poteva aspettare da una Lambretta equipaggiata con tale kit? 
P – La base era da 125 a 150 o 175, il più spinto era il 200. 
A – L’albero motore rimaneva lo stesso, a mio avviso l’albero Innocenti era un grande albero motore, non ho mai visto una Lambretta che avesse sbiellato se non per ragioni gravi. 
P – la norma era 140 km/h all’ora, ma si cercava anche di spingersi oltre. 

· Quanti ne avete venduti? 
A – Ma soltanto all’inizio ne avremo venduti circa 200, poi quando entrammo in contatto con Nannucci le vendite salirono ulteriormente. 

· In che percentuale finirono all’estero? 
A – Oltre la metà sicuramente sono stati venduti all’estero. 
P- Ricordo queste scatoline di cartone in cui si mettevano tutti i pezzi all’interno, erano di diverse misure a secondo dei componenti del kit, perché ad esempio non tutti volevano la marmitta ma si accontentavano solo di cilindro e pistone in quanto la marmitta non era originale e faceva anche discretamente rumore. La marmitta in particolare ebbe varie fasi di evoluzione, all’inizio lasciavamo il collettore originale e modificavamo la marmitta, poi ne facemmo un secondo tipo con pure il collettore più grosso 44mm dovrebbe essere, fatto con i tubi degli idraulici. 
A – Il problema era trovare qualcuno che ti facesse le curve poi casualmente scoprimmo tali tubi e fu come una illuminazione. La marmitta e la sella furono brevettati, brevetto modello di utilità per la marmitta e brevetto modello ornamentale per la sella. 

· Quali altre parti di scooter avete prodotto o disegnato? 
A parte il kit con marmitta e sella niente altro. 

· Avete mai prodotto parti di elaborazione per Vespa? 
P – Nient’altro, per noi la Vespa era un odio (ride). 

NANNUCCI 

· Come siete entrati in contatto con l’importatore inglese Nannucci? 
P – Ce lo presentò Don Noys che avevamo conosciuto l’anno prima a Monza durante il tentativo di record. Ti ricordi Alberto che vennero con quel cadavere di Lambretta che non riuscirono nemmeno ad accendere? 
A – Allora sì vennero giù con una bellissima Lambretta che doveva essere pilotata da Marlene Parker 
P – Una bellissima donna 
A – Pensa che si diceva che l’elaborazione del cilindro era stato disegnato da un computer, da qui si vede bene che ancora la tecnologia era parecchio indietro. 
P – Non riuscirono nemmeno a metterla in moto. Durante quell’occasione videro la nostra Lambretta ed allacciammo i contatti con Don Noys. 
A – A Monza l’evento fu organizzato dalla Innocenti, eravamo io e Musolino a guidare la nostra sprinter e quello fu un banco di prova per Elvington 
P – Anche se non avevamo Elvington in testa quando andammo a Monza. 
A – Sì mi ricordo fu Nannucci ad organizzare Elvington l’anno seguente, assieme all’amico Len Cole. Era di origini fiorentine pure e lui e diventò pure distributore di accessori per la ditta Super che pure risiedeva a Firenze. 

· Quali parti comprava ed in quali quantità? 
Comprava appunto le nostre scatole di elaborazione ed era l’unico ad importarle in Inghilterra. 

· Quale era l’accordo fra voi e Nannucci che ha permesso al nome Ancillotti di essere usato per gli accessori per la Lambretta? 
L’accordo che avevamo siglato gli dava appunto l’esclusiva per l’Inghilterra di utilizzare i nostri prodotti ed il nostro marchio. 

· Siete a conoscenza del fatto che ancora oggi Ancillotti è un nome generico per intendere una sella bassa e sportiva e la marmitta a cono grosso, prodotta da vari e diversi produttori? 
A – Non ne eravamo assolutamente a conoscenza ma ci fa ovviamente piacere, anche se il marchio Ancillotti è ancora vivo e lo abbiamo recentemente ceduto sperando in un suo nuovo utilizzo industriale.  
P – Magari la nostra notorietà oltremanica potrà tornare comoda ad Alberto per la sua attività odierna con le biciclette già molto apprezzate in UK. 

IL RECORD DI ELVINGTON 

· Quando è cominciato il progetto dello sprinter? 
P – Qualche mese prima. La moto era la stessa dell’anno prima a Monza, c’era solo qualche variante tecnica come per esempio un carburatore più grosso rispetto alla prima versione e l’albero motore disassato per allungare la corsa. 
A- Praticamente lo spinotto dell’albero motore era stato fatto diventare eccentrico per allungare la corsa del pistone. Questo ovviamente era stato un suggerimento di nostro padre. La cilindrata finale era 228 cc con questa modifica. 
P – Infatti avevamo qualche problema di tenuta del motore, il cilindro era riempito di ottone per cercare di dissipare il calore e soprattutto per chiudere i buchi che si creavano nella camera in conseguenza dell’eccessiva alesatura del motore. L’iniezione di ottone veniva effettuata all’esterno del cilindro, in mezzo alle alette. La nostra paura principale ad Elvington infatti era il grippaggio, infatti se si fosse dovuta allungare la prova probabilmente avremmo avuto problemi di questo genere. 

· Quale è stato il primo motore usato per lo sprinter e quali erano le specifiche? 
Come detto praticamente non si fece altro che sviluppare il motore montato l’anno precedente per la prova di Monza, modificando la corsa ed intervenendo anche sulle luci ed i travasi. 

· Per quale motivo lo sprinter è basato su una prima serie? 
A- Mah ci sembrava più robusta ma più che altro avevamo questa Lambretta che potevamo “sciupare”. 

· Per quale motivo avete deciso di montare il kit anti affondamento sull’anteriore che è piuttosto pesante? 
A – Pesante non direi. Avevamo realizzato questo archetto per poter montare una pinza del freno flottante, poi unendo i due braccettini rendeva la parte anteriore della moto molto più stabile. Avevamo poi pensato che al termine dell’accelerazione irrigidendo maggiormente l’anteriore avremmo ottenuto una frenata migliore, perché tu sai che con la Lambretta il problema della frenata con l’anteriore è l’affondamento delle biellette.  
P – Ai fini della miglior tenuta dovemmo anche montare degli pneumatici speciali Continental. 
A – Ricordo pure una curiosità a questo proposito ed è che ad Elvington venne anche un rappresentante della Avon che propose di montare pneumatici di loro fabbricazione, ma io preferii tenere i Continental perché erano garantiti fino ad una certa velocità, mentre quelli della Avon non lo erano. 

· Avete mai usato questo sistema su qualche altra moto? 
A – No sulle moto no perché con le forcelle telescopiche non ce ne era bisogno, invece ho ritirato fuori questo sistema per una delle prime bici da discesa che ho realizzato nel 93. 

· Avete mai partecipato a qualche competizione in Italia prima di partire per l’Inghilterra? 
Sì appunto a Monza l’anno precedente 

· Come avete affrontato il viaggio per l’Inghilterra? 
P – Con una Fiat 600, con la Lambretta caricata sopra il tetto e un motore di scorta più gomme ed attrezzatura nel retro dell’auto. 

· Quale carburante è stato usato per il tentativo di record? 
Normale benzina. 
  
· Come siete entrati in possesso di un carter motore TV200 quando non si intendeva tale moto fosse venduta nel mercato italiano? 
A – E’ passato molto tempo e non ricordo molto bene la cosa; se il carter era un 200 sicuramente ci era stato fornito da Don Noys tramite un accordo con mio padre, ma il dubbio è che forse avevamo utilizzato il carter originale, chiudendo i fori per i prigionieri e rifacendoli per ospitare un cilindro 200. Di questo non sono certo. 

· Ti ricordi quale fasatura delle luci sono state usate in questo motore? 
P - Ricordo che lo scarico era a 180°, prendendo ispirazione dai Bultaco quando noi pensavamo che 172° fosse il massimo raggiungibile  e l’aspirazione era a 160° i travasi erano a 132° me lo ricordo benissimo. 

· Quale tipo di pistone avete usato? 
A – Il pistone era un Asso con le fasce a L. 

· Quale tipo di cambio avete usato? 
P – Il cambio era di una 175. 

· Come era stata fabbricata la carenatura? 
P – era la carenatura di una motocicletta che si trovavano normalmente in commercio, ed era stata tagliata ed abbassata. 

· L’orgazizzazione per il racord era in Ottobre, com’era il tempo? 
A- Il problema fu il vento. Fortunatamente non pioveva ma ricordo dovevo stare inclinato per fronteggiare il vento, che almeno comunque era costante e non a folate, quindi riuscivo a correggere stando inclinato. 

· Hai incontrato qualche problema con lo sprinter durante la prova? 
A – (ride) sì Piero aveva messo uno straccio per proteggere la bocca del carburatore, la mattina quando avviammo lo scooter il carburatore lo tirò dentro al cilindro e dovemmo toglierlo a pezzettini anche smontando il cilindro. Il mantello del pistone si era leggermente danneggiato e si dovette rimediare. 

· Chi ha guidato lo scooter per raggiungere i 176 km/h? 
A - Io 

· Lo sprinter ora ha un coperchio del volano che include una piccola presa d’aria. Questo migliorava il raffreddamento? 
P – Quella fu una cosa importante. Al volano vennero tolte le alette che assorbivano molta potenza, per cui per migliorare il raffreddamento si cercò di convogliare l’aria sul cilindro in maniera forzata.  
A – per affrontare la prova avevo comprato a Londra in un negozio frequentatissimo da motociclisti, un casco in voga all’epoca, un Cromwell ed una tuta in pelle. Ovviamente comprai anche un Barbour che era il massimo per un motociclista, ma che in Italia non si trovava. Pure gli occhiali che usai anche per la prova. 

· Pensi che ci fosse ancora potenza che si poteva sfruttare con un miglior set up o pensi che si era veramente al massimo per la tecnologia dell’epoca? 
A – Penso che per la tecnologia dell’epoca si fosse veramente al massimo. 

· Avete corso ancora con lo sprinter dopo il record di Elvington? 
A – No non è mai stato più usato, anche perché fu sommerso dall’acqua nell’inverno del 66 durante l’alluvione di Firenze e lo straripamento dell’Arno. 

DOPO ELVINGTON 

· Siete stati insigniti di qualche merito dalla Innocenti o da qualcuno in Italia per i risultati ottenuti con la Lambretta? 
A – no nulla. 
P – Mi sa che l’Innocenti fosse già presa da altri problemi. 

· Quando avete prodotto la vostra prima motocicletta? 
A – Abbiamo cominciato nel 67 modificando i Beta da cross, la prima moto costruita interamente da noi è del 69. 

· Quali sono stati i migliori risultati delle vostre motociclette? 
A – Abbiamo vinto più di 20 titoli italiani cross ed i campionati nazionali in quasi tutti i Paesi europei, medaglie d’oro alle 6 giorni di enduro, piazzamenti di prestigio in quelli che erano i mondiali 125 (ancora non ufficiali). 

· Quanto è stato grande l’impero Ancillotti nel massimo splendore? 
A – Il massimo dello splendore lo abbiamo raggiunto nel 1978 – 1979 con un’azienda che occupava circa 45 persone ed aveva uno stabilimento di 4.000 mq. Producevamo circa 3.000 moto all’anno. 
P – La gente crede che Ancillotti fosse un prodotto totalmente artigianale, invece noi siamo stati la prima catena di montaggio interamente gestita da un computer. 
A – Certo che i computer di allora non erano come quelli di oggi, erano grandi come una scrivania e visto che noi non riuscivamo a gestirli avevamo sempre bisogno di aiuto esterno ed anche questo è stato un problema per la nostra azienda. Per esempio ricordo che non siamo mai riusciti a gestire il magazzino con tale sistema e questo era un problema per quelli che erano i nostri obiettivi. Per dirti comunque a che livello erano le nostre strutture, la nostra catena di montaggio fu acquistata dall’Aprilia. 
P – C’erano tempi programmati per il montaggio dei componenti allo scadere dei quali la catena partiva automaticamente. Al termine della catena c’era un banco prova sul quale ogni moto veniva testata. 
A – Una cosa della quale sono particolarmente orgoglioso è il mio sistema Pull Shock che ancora oggi viene usato su tantissime moto. Penso che sia questo un motivo di orgoglio tecnico nazionale sulla stragrande maggioranza di moto di tutte le specialità. 

· Quando avete chiuso la fabbrica e come vi siete sentiti in quel momento? 
A – Nel 1985, la causa principale fu principalmente il successo delle moto giapponesi sul mercato. Diciamo che la nostra crisi cominciò nel 1980 e noi cercammo di fronteggiare la minore vendita di moto riducendo le maestranze, fino a quando ci eravamo talmente ridotti che la produzione non consentiva un ritorno economico dei costi di progettazione, perché in quel campo ogni anno bisogna aggiornarsi. Fra tutte le marche italiane del periodo siamo stati fra gli ultimi a cedere, ma alla fine ci siamo dovuti arrendere. 

· Come avete fatto dopo lo stop della produzione di motociclette? 
A – Io ho fatto della mia seconda passione, la mineralogia per la quale avevo anche frequentato l’università prima che le moto mi togliessero dagli studi, un lavoro. Ho fatto introspezioni minerarie un po’ in giro per il mondo per circa sette anni. Poi siccome mio figlio voleva una bici ammortizzata, gliene ho costruita una e da lì è nata l’attività delle biciclette. 
P – Io invece sono rimasto nella meccanica fino al 2000 anno nel quale sono andato in pensione ed ho continuato a fabbricare accessori per moto. 

· Come è stato coinvolto con la produzione di biciclette? 
A – Come detto con la richiesta di mio figlio, ma comunque oggi la produzione è una cosa limitata a me e mio figlio, l’andamento dell’attività di produzione di moto è stata per me uno shock troppo grande e quindi ci accontentiamo della produzione che riusciamo a realizzare io e mio figlio, non voglio ingrandire l’attività più di così. E’ molto più divertente essere piccoli. 
P – in effetti la colpa se così si può dire dell’espansione dell’attività delle moto è stata mia, perché io volevo realizzare qualcosa di cui si fosse ricordata la gente, tipo moto Guzzi o Gilera, forse avevo un po’ di manie di grandezza. Lui anche allora non era d’accordo con questo espandersi. 

· Quali sono i risultati ottenuti nel campo delle competizioni ciclistiche? 
A – Abbiamo vinto un titolo mondiale, due argenti, fra l’altro uno con una ragazza inglese di nome Fiona Griffiths ed un bronzo nella categoria di discesa, più tanti titoli italiani.  

· Quale è il futuro del marchio Ancillotti? 
A – Il marchio Ancillotti è tuttora registrato ed è stato recentemente da noi venduto, cosa però questa società intenda farne non lo sappiamo. Possiamo solo sperare in un ritorno sul mercato.